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Bach a Brugherio

Bach a Brugherio

Una consuetudine diffusa, per molti musicisti appartenenti alla generazione di Johann Sebastian Bach (1685-1750) era costituita dai continui viaggi attraverso tutta l’Europa, effettuati per poter apprendere pratiche musicali di altre regioni, spesso richiamati dalla fama di centri musicali celebri e dalla possibilità di approfondire le proprie conoscenze musicali, confrontandosi con altre realtà. Tra le mete predilette in quel tempo, naturalmente, l’Italia. Bach, al contrario, non si è mai mosso dalla sua terra d’origine, la Germania. Solo con poche eccezioni infatti, sia la sua regione di nascita (la Turingia), sia la regione in cui visse più a lungo (la Sassonia) contengono entro i loro confini tutta la vita e l’attività creatrice del Kantor Maximus di Eisenach. Se viaggiare significava, per un musicista, conoscere il mondo, sembra quasi che Bach il mondo se lo sia portato direttamente a casa sua. Da quella terra provengono tutti i musicisti che abbiamo avuto l’onore di ospitare da noi, dal maestro Andreas Mücksch all’orchestra Momento musicale di Lipsia e al Pauluschor di Halle an der Saale. Ad Halle an der Saale Bach si recò almeno in due occasioni, nel dicembre del 1713 per la candidatura al posto di organista e nell’aprile del 1716, invitato dal locale Collegio per effettuare una perizia del nuovo organo collocato nella Marktkirche. A Lipsia Bach fu director Musices e Cantor per ventisette anni, dal 1723 al 1750. E proprio a Lipsia, all’interno delle celebrazioni liturgiche per il Venerdì Santo, risuonò la Johannes-Passion, in una delle prime esecuzioni accertate, il 7 aprile 1724.

Le celebrazioni per il triduo sacro oltre a costituire il centro della vita cristiana, rappresentavano anche il punto più alto e complesso dell’attività musicale di tutto l’anno. Basti pensare all’antica tradizione cristiana, risalente al Medioevo, di intonare integralmente il testo della passione e morte di Cristo in forma monodica, e nei secoli successivi, polifonica. Sia per i cattolici romani che per i luterani le parole dell’evangelista Giovanni risuonano il Venerdì Santo, proclamate all’interno della celebrazione della Passione. Sono numerose in tutta Europa, le Passioni messi in musica, da Orlando di Lasso a William Byrd, fino ad Alessandro Scarlatti e in tempi più recenti Arvo Pärt. Questa tradizione si radicò profondamente in Germania, già nel Seicento: Heinrich Schütz, Johann Mattheson, Georg Gebel il Giovane, e naturalmente Bach.

La Passione secondo Giovanni fu tra le opere a cui Bach pose mano anche negli anni successivi alla prima esecuzione con nuove redazioni (almeno quattro) sino al 1749, senza tuttavia raggiungere una forma “compiuta”. La struttura musicale complessiva incorpora il racconto giovanneo (con alcune integrazioni dal Vangelo di Matteo, inserite per motivo di efficacia drammatica come era d’uso) affidato alla voce di tenore dell’Evangelista, e dei soliloquentes (Gesù, l’ancella, Pietro, un servo, Pilato) alternato ai commenti extra evangelici delle 13 arie e ariosi affidate ai solisti. Centrale il ruolo del coro, con i 14 interventi della turba all’interno della narrazione evangelica (sommi sacerdoti, soldati, popolo) e 11 corali su testi non identificati, ma sicuramente opera a più mani, tra cui Bach stesso. Tra i precedenti letterari figura la celebre Passione (1712) di Barthold Heinrich Brockes.

Il progetto salvifico della Passione e morte di Cristo nella Johannes-Passion culmina nel “tutto è compiuto” intonato da Gesù e ripreso nell’aria del contralto (n. 30) non come annuncio di morte, ma di vittoria. Per Giovanni, Cristo non è l’uomo dei dolori, ma colui che viene per compiere la volontà del padre. Bach comprende a fondo questa visione, dimostrandola già nella concezione trinitaria del grandioso exordium: il coro Herr unser Herrscher. Nell’urto dissonante della sezione dei fiati dell’orchestra, infatti, la scrittura musicale bachiana sottolinea la figura del Figlio; nella solida parte del basso continuo (con la figura quasi ostinata delle crome) emerge la presenza del Padre; infine nelle figure degli archi e del coro il vento dello Spirito.

Che la Johannes-Passion sia tra i grandi doni offerti all’umanità dal Kantor Maximus di Eisenach non può essere messo in dubbio. Un’opera che – per dirla con le parole di Dante- durerà quanto ‘l mondo lontana, arricchirà cioè lo spirito dell’uomo tanto quanto durerà il mondo, attraverso l’universo imperituro di fede, storia, preghiera, cultura, arte, nobiltà che scaturisce dalla sua musica.

Per un’impresa tanto ardua come una Passione di Bach dobbiamo ringraziare molte persone e istituzioni. Il lavoro di preparazione è stato molto lungo, più di un anno di studio per partecipare, insieme al Pauluschor diretto da Andreas Mücksch a questa impresa. Ma ne è valsa la pena. Siamo stati sostenuti in tutto questo lavoro dal Comune di Brugherio, dall’Assessorato alla cultura del Comune di Milano e da tanti amici, in particolare Antonio Teruzzi artista nato a Brugherio, Claudio Sarimari e dall’enoteca Ideavino di Brugherio.

Tre sono state le esecuzioni della Johannes-Passion: nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, nel Duomo di Monza e nella chiesa di San Bartolomeo a Brugherio, tutte profondamente emozionanti.

Come messaggio di benvenuto per il coro e l’orchestra abbiamo fatto arrivare dalla Calabria alcune cassette di arance e limoni, preparato alcuni sacchettini e li abbiamo consegnati a ciascuno al loro arrivo a Milano. Tutto questo sotto una grande scritta, con i versi immortali di Goethe: “Conosci la terra dove fioriscono i limoni?” accompagnati da una nostra aggiunta: “Eccola”.

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